[This article is also available in English here. Questa traduzione è stata realizzata su gentile concessione dell’autore. Traduzione dall’inglese a cura di Alessandra Aceti, LLM Candidate in International and Transnational Criminal Law presso la University of Amsterdam – Academic Excellence Track, e research intern presso Rethinking SLIC.

Nota dell’editore: Questo articolo è stato originariamente pubblicato il 30 marzo 2022. Il 31 marzo 2022  è stato aggiornato con un poscritto dell’autore, a seguito della fuoriuscita della Concept Note del Consiglio dell’Unione Europea relativamente alla fornitura di armi all’Ucraina.]

In risposta alla ingiustificata invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa, il 28 febbraio 2022 il Consiglio dell’Unione Europea (EU) ha adottato una decisione senza precedenti (Decisione 2022/338/CFSP) che dispone il finanziamento e la fornitura di 450 milioni di euro di armi letali alle forze armate ucraine, un ammontare che è stato raddoppiato con la Decisione 2022/471/CFSP del 23 marzo 2022.

Nella concitazione della guerra, un esame del rigido regime di controllo delle armi dell’UE è passato in secondo piano. In particolare, il Consiglio dell’UE non ha espressamente e pubblicamente spiegato in che modo stia considerando i potenziali rischi relativi ad un conflitto di lungo termine in Ucraina, quali il dirottamento delle armi verso la Russia o verso gruppi armati non governativi; la proliferazione post-conflitto di armi da tasca o armi leggere ed il conseguente aumento di criminalità transnazionale e instabilità regionale nonché potenziali accuse in capo agli ucraini per crimini di guerra commessi contro prigionieri di guerra russi (come quelle emerse il 29 marzo 2022). Prendere in considerazione tali rischi nei processi decisionali europei circa l’Ucraina è essenziale al fine di evitare l’indebolimento del regime di controllo di armi in Europa nonché preservare le norme globali sul controllo di armi.

Mentre l’Articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, che sancisce il diritto all’autodifesa comune, fornisce una base legale per la fornitura di armi letali all’Ucraina da parte dei singoli Stati, i poteri specifici dell’UE relativamente al finanziamento e al coordinamento di tali forniture sono definiti dal nuovo Strumento Europeo per la Pace o European Peace Facility (EPF) istituita nel marzo 2021. Tuttavia, i poteri dell’UE nell’ambito della EPF sono condizionati dai criteri di valutazione per l’esportazione di armi  come stabiliti dalla EU Common Position (2008/944/CFSP) dell’8 dicembre 2009 e dall’Arms Trade Treaty (ATT) del 24 dicembre 2014. Sebbene il Consiglio dell’UE possa essere tentato dal prevedere carta bianca in merito alla fornitura di armi all’Ucraina in tempo di crisi, la legittimità e la tenuta del sistema internazionale di controllo di armi richiedono l’adozione di un approccio più metodico.

Una espressione di supporto letale

Una sostanziosa fornitura di armi provenienti dagli stati dell’UE era stata annunciata poco dopo l’invasione russa del 24 febbraio 2022. In primo luogo, la Germania, in rapporti bilaterali con l’Ucraina e precedentemente all’azione dell’UE, ha invertito la propria policy di lunga data di non inviare armi in zone di conflitto. In seguito, ulteriore assistenza è stata fornita da stati membri dell’UE, talvolta bilateralmente, talvolta in implementazione della decisione dell’UE di assistere l’Ucraina: Paesi Bassi, Francia, Danimarca, Svezia, Belgio, Finlandia, Norvegia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Spagna, Portogallo e Romania hanno inviato missili Stinger, missili anticarro, mortai, lanciagranate a propulsione a razzo, fucili da cecchino, mitragliatrici, fucili d’assalto, pistole, granate, supporto di carburante, elmetti, giubbotti protettivi, protezioni per il corpo, tute di protezione nucleare biologica-chimica, occhiali per la visione notturna, radio portatili, ripetitori analogici, forniture mediche, razioni da campo e munizioni. In particolare, si noti che questa è la prima volta che la Svezia invia armi ad un paese in guerra dopo l’invasione sovietica della Finlandia nel 1939. L’Irlanda ha inviato armature, attrezzature sanitarie, carburante ed altri aiuti non-letali.

Oltre all’UE, l’assistenza militare da parte degli Stati Uniti include missili Stinger, missili anticarro, giavellotti, giubbotti antiproiettile ed altre armi leggere. In totale, il supporto finanziario degli Stati Uniti all’Ucraina ammonta ad almeno 13.6 bilioni di dollari, che comprendono supporto umanitario, assistenza nella difesa e fondi per la sicurezza informatica. L’Inghilterra ha inviato missili Starstreak per la difesa aerea. Australia e Canada hanno annunciato ulteriori contributi.

Quale è la base legale per l’assistenza militare all’Ucraina da parte dell’UE?

Nel diritto internazionale, secondo l’Articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, gli stati membri dell’UE hanno il diritto di assistere militarmente l’Ucraina poiché questa è soggetta ad un attacco armato da parte della Federazione Russa e sta esercitando il suo diritto di autodifesa. Questa è una eccezione al divieto generale di utilizzare la forza sancito dall’Articolo 2(4) della Carta delle Nazioni Unite. Ne segue che anche tutti gli stati membri dell’UE hanno il diritto di condurre azioni militari minori o di supporto per assistere l’Ucraina nella sua autodifesa, ovvero di fornire assistenza militare letale. Infatti, il Considerando 12 della Posizione Comune dell’UE riconosce esplicitamente che “gli stati hanno diritto di trasferire i mezzi di difesa personale, in linea con il diritto di autodifesa riconosciuto dalla Carta delle Nazioni Unite”.

Tuttavia, sebbene il diritto internazionale permetta agli stati dell’EU di decidere di fornire congiuntamente assistenza legale all’Ucraina, il diritto dell’UE impedisce che questi possano utilizzare il budget dell’UE a tal fine. L’Articolo 41(2) del Trattato sull’UE (TUE) proibisce l’utilizzo di fondi dell’UE per spese derivanti da operazioni con implicazioni militari o di difesa.

Per la prima volta nella storia, l’UE sta utilizzando lo strumento di finanziamento fuori bilancio dell’EPF, istituito nel marzo 2021 per fornire assistenza militare letale a stati terzi impegnati in conflitti armati. L’EPF è stata originariamente concepita per essere utilizzata relativamente ad operazioni di mantenimento della pace e a missioni dell’UE quali l’assistenza non-letale al Mozambico. Era imprevedibile che 12 mesi più tardi l’EPF sarebbe stato utilizzato in supporto dell’Ucraina in un conflitto internazionale di larga scala contro la Russia. Dunque, l’EPF ha drasticamente ampliato i poteri legali del Consiglio dell’UE ad intervenire in Ucraina con supporto militare, giocando in tal modo un ruolo molto più rilevante nel conflitto rispetto a quanto sarebbe stato possibile secondo il budget ordinario dell’UE.

Il finanziamento di armi come regolato dal nuovo Strumento Europeo per la Pace adottato il 22 marzo 2021

Lo Strumento Europeo per la Pace o European Peace Facility (EPF) è stato stabilito con Decisione del Consiglio n. 2021/509 (Decisione EPF), adottata dal Consiglio dell’UE il 22 marzo 2021. La Decisione EPF permette al Consiglio dell’UE di coordinare il finanziamento di mezzi di assistenza militare. L’Articolo 9 richiede una “metodologia di rischi e tutele” volta ad individuare possibili elementi che possano mitigare i rischi ed aumentare l’assistenza militare, nonché sistemi di monitoraggio e valutazione, controlli e salvaguardie. Tale metodologia include anche “la valutazione della sensibilità al conflitto e l’analisi del contesto, ed una valutazione di rischio ed impatto” (Articolo 56(4)). In particolare, le misure di assistenza adottate nell’ambito del EPF devono rispettare le disposizioni sul controllo delle armi attualmente in vigore (Articolo 56(3)), di cui alcuni requisiti sono rafforzati dall’Articolo 62 (dirottamento) e dall’Articolo 64 (violazioni del diritto internazionale, dei diritti umani e del diritto umanitario).

Per quanto riguarda il funzionamento dell’EPF, la decisione di finanziare una misura di assistenza è presa collettivamente dal comitato dei rappresentanti degli stati membri “a seguito di una richiesta da parte del potenziale beneficiario” (Articoli 6 e 59(19). Secondo quanto previsto dall’Articolo 33(2), la implementazione della decisione può avvenire, inter alia, indirettamente attraverso la gestione da parte dei ministeri della difesa degli stati membri, sulla base di un contratto tra l’EPF e lo stato membro interessato. Da ciò deriva che, secondo quanto espresso in una nota del Parlamento Europeo: “lo scopo [dell’EPF] è essenzialmente quello di lavorare sulla base di regole restrittive circa l’uso del budget dell’UE … [in] linea con quanto previsto dall’Articolo 41(2) TUE… Ciò permette agli stati membri di creare fondi fuori dal budget dell’UE per il finanziamento  di attività che sono realizzate congiuntamente dagli stati, nel nome dell’UE”.

Analisi alla luce del Quadro Metodologico Integrato

L’Articolo 9 dell’EPF sancisce la necessità di adottare una “metodologia di rischi e salvaguardie”. Tale requisito è realizzato attraverso il Quadro Metodologico Integrato, o Intergrated Methodological Framework (IMF), un documento guida di supporto alla EPF che contiene criteri di valutazione circa l’assistenza militare. Diversamente dai criteri dettagliati stabiliti dalla EU Common Position, l’IMF non è un documento di carattere pubblico.

Secondo il documento di domande e risposte del Servizio Europeo per l’Azione Esterna (SEAE), i criteri fondamentali alla base dell’IMF sono i seguenti:

  1. Compliance con tutti gli strumenti legali rilevanti e le best practices, sulla base di disposizioni, standard e politiche nazionali, internazionali ed europee nell’ambito della fornitura di armi, nonché rispetto del diritto internazionale, incluso il diritto internazionale dei diritti umani ed il diritto umanitario internazionale.
  2. Protezione dell’UE e della popolazione locale, in considerazione del fatto che il supporto militare a conflitti o situazioni di emergenza aumentano i rischi.
  3. Proporzionalità, al fine di evitare il rischio di accumuli destabilizzanti.
  4. Controlli post-consegna.

L’IMF implica un’ampia analisi del rischio di conflitto, che include una valutazione proporzionale e sensibile al rischio, una supervisione politica, una valutazione ed un controllo delle condizioni, ai fini di garantire un approccio fatto su misura per circostanze specifiche. Mentre l’Articolo 56(3) della Decisione EPF richiede “rispetto per i principii” sanciti dalla EU Common Position, l’IMF impone ai decision-maker di valutare le esportazioni di armi sulla base di una valutazione del rischio di conflitto caso-per-caso.

È evidente che, sebbene limitate nel numero, le precedenti decisioni del Consiglio dell’UE circa l’assistenza militare nell’ambito della EPF tendevano a considerare maggiormente il contesto e a prevedere misure di attenuazione del rischio ed erano accompagnate da giustificazioni e spiegazioni più estese rispetto alle decisioni finora prese dall’UE in merito all’Ucraina. Le decisioni EPF relativamente a Mali, Moldova, Georgia, Bosnia Erzegovina, e l’Unione Africana, così come quelle relative all’Ucraina a partire dal 2021, includevano diverse misure in merito alla responsabilità per violazioni dei diritti, un uso adeguato ed efficiente dei beni trasferiti, l’uso esclusivo da parte dei destinatari designati, requisiti di mantenimento ed allenamento, controlli post-fornitura (verifica di consegna, inventari, visite sul sito con controlli di follow-up), e altre misure e controlli stipulati dall’IMF.

Nonostante i principi dettagliati dell’IMF e quelli dell’EPF  circa la previsione di misure di attenuazione nelle decisioni EPF, le comunicazioni da parte dell’UE verso le forniture di armi non si sono pronunciate in merito agli standard legali stabiliti dalla Common Position dell’UE né dall’ATT, ed hanno piuttosto descritto le forniture in termini di policy (per esempio come un dovere morale, o la rottura di un ‘tabù’). L’Alto Rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josef Borrell, ha annunciato: “Un altro tabù è caduto – il taboo che l’UE non forniva armi in guerra) (vedi anche Borrell al the Guardian).

La valutazione del rischio di controllo di armi nella decisione dell’UE di assistere l’Ucraina

L’assistenza militare letale fornita da parte dell’UE a partire dal 24 febbraio è stata realizzata sulla base della Decisione dell’UE di assistere l’Ucraina: Decisione del Consiglio  2022/2338 del 28 febbraio 2022 sulle misure di assistenza nell’ambito della EPF per la fornitura alle forze armate dell’Ucraina di attrezzature militari, e piattaforme, designate ad un uso della forza letale”, modificata dalla Decisione 2022/471/CFSP del 23 marzo 2022. Le ragioni date sono brevi, non forniscono alcuna valutazione alla luce delle leggi sul controllo delle armi in vigore, e, pur riconoscendo il rischio di violazioni di diritti umani e del diritto internazionale umanitario, non impongono un controllo dettagliato né obbligazioni di follow-up.

Sebbene la Decisione dell’UE di assistere l’Ucraina menziona la necessità di rispettare i consideranda della Common Position dell’UE, essa non articola ulteriormente una valutazione in questo senso né riconosce i rischi correlati. Gli annunci pubblici dell’UE non hanno trattato la sostanza della Common Position, lasciando domande aperte circa il rispetto di quest’ultima.

Dei criteri obbligatori sanciti nell’Articolo 2 della Common Position dell’UE, i più rilevanti sembrano essere il Criterio Tre ed il Criterio Sette, e potenzialmente il Criterio Due.

Il Criterio Tre della Common Position dell’UE: ‘aggravare un conflitto armato’

Il primo di tali criteri, Criterio Tre, è il seguente: “Situazione interna nel paese di destinazione finale, quale funzione dell’esistenza di tensioni o conflitti armati”. Esso prevede che gli Stati Membri debbano negare la licenza di esportazione di tecnologia o equipaggi militari che provocherebbero o prolungherebbero conflitti armati ovvero aggraverebbero tensioni o conflitti esistenti nel paese di destinazione finale (enfasi aggiunta).

Ad una prima lettura, il Criterio Tre è rilevante poiché è evidente che un conflitto armato di carattere internazionale sia in corso in Ucraina, il paese di destinazione finale, e questo supera di gran lunga il livello di una “tensione esistente”. Interpretando il Criterio Tre in maniera letterale, è possibile argomentare che la fornitura da parte dell’UE “potrebbe aggravare” tale conflitto esistente. La fornitura di armi all’Ucraina potrebbe aggravare il conflitto per la semplice ragione per la quale un numero maggiore di armi comporterebbe un conflitto di carattere ancor più letale, dunque un conflitto aggravato. Tuttavia il ruolo delle armi nel conflitto ucraino è certamente più complesso di così, e la fornitura di armi all’Ucraina potrebbe essere valutata nell’ottica di mitigare o ridurre la gravità del conflitto.

Inoltre, non è possibile sapere, a questo stadio della guerra, se la fornitura di assistenza militare alle forze armate dell’Ucraina sarebbe tale da prolungare il conflitto armato con la Russia. Le misure di assistenza della EPF sono evidentemente concepite al fine di ostacolare l’avanzata russa e prevenire la rapida presa di Kiev. Sulla base di una valutazione strategica del conflitto ad oggi, l’assistenza fornita potrebbe di fatto beneficiare alla stabilità regionale ed interrompere l’avanzata russa tramite il rafforzamento della difesa ucraina, così da provocare in breve tempo la ritirata russa e dunque accorciare piuttosto che prolungare il conflitto. Dall’altro lato, l’assistenza potrebbe deludere le aspettative di bloccare la Russia e invece alimentare un conflitto prolungato in Ucraina, una corsa alle armi, e/o l’insorgenza di forze armate non-governative.

Tali valutazioni di fatto implicano conseguenze rilevanti. Il carattere assoluto del Criterio Tre (“devono negare”) richiederebbe all’UE di desistere dalla fornitura di armi letali laddove lo Stato ricevente sia sotto attacco armato da parte di un altro Stato. Lawrence Lustgarten sostiene che il Criterio Tre sia stato concepito per evitare il rischio che gli Stati Membri dell’UE forniscano armi che potrebbero alimentare l’insorgenza di conflitti armati interni nei paesi riceventi, e che una revisione o un chiarimento in merito al Criterio Tre siano auspicabili relativamente a situazioni di aggressione armata di carattere internazionale quali quella dell’Ucraina. In effetti, una interpretazione del Criterio Tre che tenga conto del contesto suggerirebbe che l’espressione “situazione interna nel paese di destinazione finale” si riferisca a guerre civili ovvero conflitti armati tra governo e forze ribelli, sebbene tale interpretazione non sia stata chiarita nella stesura della Common Position dell’UE. Il Consiglio dell’UE ha lasciato agli Stati Membri l’interpretazione dei termini, ma, ad oggi, le opportunità di definire l’impatto di atti esterni di aggressione sulla “situazione interna” di un paese sono state limitate. Nel complesso, non vi è motivo di credere che l’applicazione del Criterio Tre includa, oltre ai divieti negativi sulla base della situazione interna di un paese, anche situazioni di attacco armato esterno. Tali divieti non sarebbero dunque rilevanti nel caso dell’Ucraina, ed una licenza non sarebbe impedita dal Criterio Tre sulla base dell’aggressione armata internazionale. In breve, il Criterio Tre non è stato concepito dal Consiglio dell’UE per opporre un ostacolo sostanziale alle forniture di questo tipo.

Il Criterio Sette della Common Position dell’UE: ‘dirottamento verso utilizzatori finali non voluti’

Il rischio di dirottamento rispetto ai destinatari designati, in questo caso le forze armate dell’Ucraina, è espressamente previsto dal Criterio Sette, che richiede una valutazione dell’[i]mpatto della tecnologia o dell’equipaggiamento militare oggetto dell’esportazione sul paese ricevente ed il rischio che tale tecnologia o equipaggiamento possa essere dirottato verso utilizzatori finali non voluti o verso un uso diverso rispetto a quello per cui sono stati designati.

In merito alla rilevanza del Criterio Sette rispetto al conflitto ucraino, sono già state individuate almeno tre possibilità: (i) il rischio di armare indirettamente la Russia qualora questa sconfigga le forze ucraine ed ottenga il possesso delle loro armi; (ii) l’evidente rischio di dirottamento delle armi leggere fornite alle forze armate dell’Ucraina che già sono state fornite ai cittadini; e (iii) l’ampia varietà di gruppi militari “non voluti” che potrebbero mettere le mani sulle armi qualora la guerra in Ucraina sfociasse in azioni di guerriglia.

Il Criterio Sette è rafforzato dal requisito, previsto dall’Articolo 5, che le licenze di esportazione siano garantite esclusivamente sulla base di conoscenza preventiva ed affidabile circa l’uso finale nel paese di destinazione”. La natura assoluta del Criterio Sette e dell’Articolo 5 (“deve”) sembrerebbe negare l’esportazione di armi all’Ucraina date le circostanze attuali, in assenza della certezza che le armi siano utilizzate soltanto dalle forze armate ucraine e non siano soggette a rischio di dirottamento. Le decisioni dell’UE in merito all’Ucraina dovrebbero almeno riconoscere il rischio di dirottamento. Così facendo, sarebbe possibile realizzare una policy di esportazione più mitigata e meglio ragionata, sebbene la determinazione ultima (se i rischi siano o meno giustificati) spetti al Consiglio dell’UE ed armare gli ucraini che non appartengano alle forze armate governative non sia un “uso finale indesiderato” ai sensi del Criterio Sette, poiché questi combattono contro la Russia per conto dell’Ucraina.

Il Criterio Due della Common Position dell’UE: l’eventuale rilevanza rispetto alla potenziale commissione di crimini di guerra da parte dell’Ucraina

Il Criterio Due della Common Position dell’UE sul “Rispetto per i diritti umani nel paese di destinazione finale nonché rispetto da parte di quel paese del diritto umanitario internazionale” potrebbe prima facie essere rilevante rispetto alla fornitura di armi alle forze armate ucraine: “Avendo valutato la attitudine del paese ricevente nei confronti dei principi rilevanti stabiliti dagli strumenti del diritto umanitario internazionale, gli Stati Membri devono: (c) negare l’autorizzazione all’esportazione ove vi sia un rischio evidente che la tecnologia o equipaggiamento militare possano essere utilizzati nella commissione di serie violazioni del diritto umanitario internazionale (enfasi aggiunta)”.

Negli ultimi giorni, sono emerse prime accuse fondate secondo le quali le forze armate ucraine abbiano commesso crimini di guerra contro prigionieri di guerra russi. Sebbene allo stato attuale non siano emerse accuse di crimini di guerra ucraini ampiamente accertate, è possibile argomentare che la soglia per la negazione di esportazioni ai sensi del Criterio Due sia abbastanza bassa – sarebbe sufficiente che tali accuse ammontino ad un rischio evidente che le armi fornite alle forze armate ucraine possano essere utilizzate nella commissione di serie violazioni del diritto umanitario internazionale.

Anche qualora un numero ristretto di accuse di crimini di guerra ucraini siano provate, è improbabile che il Criterio Due impedisca l’esportazione di armi da parte dell’UE nelle circostanze attuali del conflitto armato internazionale. Crimini di guerra di carattere isolato non sono sufficienti, di per sé, ad intaccare drasticamente il riconoscimento del “rispetto del diritto umanitario internazionale” da parte del paese, al punto da generare un “rischio evidente”, specialmente nel caso in cui tali accuse siano prese seriamente, investigate e decise in un tribunale militare (come l’Ucraina ha ad oggi dimostrato di stare facendo). Il Criterio Due richiede una valutazione generale del livello di rispetto degli standard internazionali da parte di uno stato nonché della sua attitudine rispetto a questi, mentre non si riferisce espressamente al conflitto internazionale con un altro Stato. Ne segue che un numero isolato di violazioni di diritti umani durante un conflitto armato non comporterebbe un divieto delle singole forniture di armi al paese. Tale interpretazione del Criterio Due emerge dalle valutazioni delle esportazioni di armi condotte nei fori giudiziari olandesi sulla base dello scarso rispetto dei diritti umani da parte dell’Egitto.

Nondimeno, i rischi del Criterio Due associati alle esportazioni di armi verso l’Ucraina sono un aspetto del conflitto che i giuristi dell’UE terranno strettamente sotto controllo. Qualora emergesse un numero elevato di accuse di crimini di guerra da parte dell’Ucraina, il rispetto del Criterio Due da parte della policy di fornitura di armi europea sarebbe compromesso e tali policy dovrebbe essere rivista. Bisogna inoltre notare che il rischio di “crimini di guerra ucraini” non si limiterebbe a comprendere la commissione di tali crimini da parte delle forze armate ucraine, bensì si estenderebbe anche ad altri potenziali riceventi (ad esempio la milizia ucraina ed i civili armati), purché al momento della valutazione ai fini dell’esportazione il rischio che le armi possano essere utilizzate per la commissione di crimini di guerra sia evidente.

In tale contesto anche i requisiti dell’ATT sono rilevanti (secondo quanto espressamente richiamato nei principi chiave dell’IMF). In particolare, le disposizioni dell’Articolo 7(1)(b) dell’ATT richiedono una valutazione della possibilità che la fornitura di armi possa essere utilizzata in violazione del diritto umanitario internazionale o dei diritti umani. L’Articolo 7(3) stabilisce che “se lo Stato esportatore determina l’esistenza di un rischio insormontabile che una delle conseguenze negative al paragrafo 1 si verifichi, lo Stato esportatore non deve autorizzare l’esportazione”. Questi standard rispecchiano ampiamente quelli del Criterio Due della Common Position dell’UE, e sottolineano ulteriormente le necessità di porre maggiore attenzione al rispetto degli standard imposti dalle leggi sul controllo delle armi nello sviluppo del conflitto in Ucraina.

Quali altri requisiti potrebbero essere rilevanti ai fini della valutazione del potenziale impatto dell’esportazione di armi dall’UE sull’intensificazione del conflitto?

Il titolo del Criterio Quattro sembrerebbe rilevante (“Preservazione della pace, sicurezza e stabilità regionali”). Tuttavia tale criterio non è applicabile dal momento che l’Ucraina non utilizza le armi fornite né per aggredire un altro paese né per rivendicare un territorio con la forza.

I requisiti dell’ATT sono rilevanti e, a tal proposito, il rispetto dell’ATT è espressamente richiamato dai principi chiave dell’IMF. L’Articolo 7(1)(a) richiede la valutazione della possibilità che l’esportazione di armi “possa contribuire a realizzare la pace e la sicurezza oppure possa ostacolarle”. L’Articolo 7(3) inoltre richiede che “ove lo Stato esportante determini l’esistenza di un rischio insormontabile che si verifichi alcuna delle conseguenze negative di cui al paragrafo 1, lo Stato esportante non deve autorizzare l’esportazione.

In generale, le disposizioni dell’ATT rafforzano i criteri della Common Position dell’UE e sottolineano la necessità di porre maggiore attenzione al rispetto degli standard imposti dalle leggi sul controllo delle armi nelle decisioni in merito all’assistenza da fornire all’Ucraina. Tuttavia, vale la pena notare che l’Articolo 7(1)(a) dell’ATT potrebbe rappresentare una base legale rilevante nel contesto dell’UE. Tale disposizione richiede un bilanciamento relativamente alla possibilità che la fornitura di armi all’Ucraina possa “contribuire a” oppure “ostacolare” la pace e la sicurezza internazionali. La valutazione ai sensi dell’Articolo 7(1)(a) potrebbe fornire una giustificazione alle esportazioni da parte del Consiglio dell’UE, sulla base della considerazione che, da un lato, armare l’Ucraina ai fini di difendere l’UE rappresenta un potenziale contributo alla stabilità regionale, e che questo bilancia il rischio negativo, dall’altro lato, di alimentare ed incrementare la guerra, così intaccando la pace e la sicurezza internazionali. Si potrebbe dunque ricorrere all’Articolo 7(1)(a) dell’ATT, dal momento che una base legale per tale giustificazione, basata su un bilanciamento, è meno chiara nell’ambito della Common Position dell’UE.

L’assistenza militare dell’UE all’Ucraina è permessa, ma deve tenere in considerazione il rischio di conflitto

In conclusione, l’Articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite permette all’Ue di finanziare e coordinare la fornitura di armi letali all’Ucraina e questa non sembra essere proibita dalla Common Position dell’UE, nonostante sussistano dubbi in merito ad alcuni dei criteri di cui all’Articolo 2.

Tuttavia, la fornitura di armi letali nell’ambito della EPF, letta in combinato disposto con l’IMF, richiede una valutazione strategica del rischio di conflitto di carattere più ampio, che va oltre i requisiti stabiliti dai criteri. Nel rispettare i termini di cui all’Articolo 9 dell’EPF, l’IMF richiede una valutazione ampia del rischio di conflitto con riferimento ai suoi principi chiave.

Dunque, il Consiglio dell’UE dovrebbe, nelle proprie decisioni e nelle comunicazioni pubbliche, tenere in considerazione alcuni dei possibili rischi correlati ad un flusso di armi verso l’Ucraina:

  • La proliferazione di armi a lungo termine. La fornitura di armi alle regioni di conflitto comporta conseguenze e ripercussioni indesiderate (si pensi ad esempio ai Kalashnikov AK-47s ex-sovietici forniti ai conflitti africani, l’armamento dei mujahedeen in Afghanistan da parte degli Stati Uniti, o il più recente supporto americano al regime Azov di estrema destra);
  • L’aggravamento del crimine ordinario e del crimine transnazionale organizzato;
  • L’intaccamento della stabilità regionale, e della pace e sicurezza nazionali, tramite il prolungamento di questo conflitto ovvero l’alimentazione di altri;
  • L’aumento della letalità del conflitto e le conseguenze indesiderate degli esplosivi sulle causalità civili;
  • Il grave impatto ambientale;
  • La possibilità che le armi cadano nelle mani dei russi o il rischio di dirottamento a non-alleati indesiderati (Putin ha già affermato “rispetto alla distribuzione di armi, specialmente quelle di fabbricazione occidentale che sono cadute in possesso dell’esercito russo, sostengo senza dubbio la possibilità di fornire queste ultime alle unità militari delle repubbliche di Luhansk e Donetsk (enfasi aggiunta));
  • La non-utilità delle armi che non possono essere utilizzate efficacemente dalle forze ucraine;
  • Le violazioni di diritti umani e del diritto umanitario internazionale che potrebbero essere commesse con le armi fornite alle forze armate ucraine (in effetti, questo è l’unico rischio espressamente riconosciuto dalla decisione dell’EU di assistere l’Ucraina, all’Articolo 6(1));
  • La concretezza e fattibilità delle garanzie da parte dell’Ucraina, la affidabilità delle certificazioni sugli utilizzatori finali e l’efficacia dei controlli di follow-up; e
  • I rischi di corruzione ampiamente riscontrati nell’industria delle armi ed il potenziale per approfittare della corsa alle armi nel conflitto in Ucraina.

È necessario ed auspicabile che i giuristi dei ministeri della difesa dell’UE articolino il quadro legislativo sulla base del quale il Consiglio dell’UE prende le decisioni sull’assistenza militare all’Ucraina. Così facendo, contribuirebbero ad assicurare che le disposizioni dell’UE ed i principi chiave dell’IMF in particolare, siano rispettati, nonché che i numerosi rischi associati all’invio di ampie forniture di armi all’Ucraina siano analizzati scrupolosamente.

[1] Post-scritto: In un certo senso, l’approccio del Consiglio è stato involontariamente rivelato attraverso la fuga di notizie relativa alla Concept Note confidenziale del 27 febbraio 2022 (pubblicata su Statewatch), che riportava per somme linee la proposta che ha portato alla decisione dell’UE di fornire assistenza all’Ucraina.

La Concept Note tiene in considerazione l’attenzione alla situazione di conflitto, il contesto, ed i rischi, oltre alle valutazioni iniziali nonché alle salvaguardie e alle misure di attenuazione. La Concept Note prevede:

Le misure di assistenza proposte, come ogni policy o intervento di simile portata, comportano un rischio generale di incrementare la violenza ed il conflitto. Allo stesso modo, potrebbe sussistere il rischio di facilitare violazioni di diritto umanitario internazionale e dei diritti umani, sebbene ad oggi vi siano prove scarsamente credibili circa le violazioni da parte delle forze armate ucraine. D’altro conto, il costo dell’inazione dovrebbe essere misurato a fronte della grave minaccia alla sicurezza dell’Ucraina, all’integrità territoriale e alla popolazione civile.

La Concept Note elenca una serie di potenziali rischi e benefici dell’assistenza, incluso “il rischio che l’equipaggiamento fornito finisca nelle mani sbagliate” , così come le varie salvaguardie proposte, incluso il fatto che “l’equipaggiamento non sarà trasferito a nessun corpo armato ucraino diverso dall’esercito ucraino senza il previo consenso dell’Alto Rappresentante”.

Pur rappresentando il momento iniziale della discussione circa i rischi del conflitto, la Concept Note non contiene alcuna analisi fattuale della situazione in Ucraina in relazione a tali rischi, né argomenta in merito alla base legale della Common Position dell’UE (e dell’ATT) per la valutazione di tali rischi. Da ultimo, l’analisi confidenziale contenuta nella Concept Note non è solo superficiale ed inadeguata, ma neanche arriva ad essere inclusa nella versione finale della Decisione dell’UE di assistere l’Ucraina.

Bisogna sottolineare che, sebbene la Concept Note fa brevemente riferimento a molti dei rischi rilevanti relativamente al supporto all’Ucraina, tali considerazioni non sono fatte in riferimento al quadro di criteri della Common Position dell’UE né ai requisiti dell’ATT.

Immagine: soldato dell’esercito ucraino muove missili Stinger FIM-92, un sistema di difesa aerea portatile a mano (MANPADS), che funziona come missile terra-aria con un sistema a raggi infrarossi, ed altro equipaggiamento militare inviato dalla Lituania all’aeroporto di Boryspil a Kiev il 13 febbraio 2022 (Foto di SERGEI SUPINSKY/AFP via Getty Images).